#1_IL LIMITE
Giuseppe Pellizza da Volpedo_IL QUARTO STATO_1901
Manifesto di insurrezione popolare, l'opera presenta l'avanzata eterna ed inarrestabile delle idee, dei diritti e della dignità della classe operaia, sotto il comune denominatore dell'unità.
Ma se "l'unione fa la forza", quali conseguenze scatenerebbe una divisione?
Nella rielaborazione grafica dell'opera, viene posto un limite, una lastra trasparente e quasi invisibile che costringe il gruppo a scindersi in due distinte entità. Ai tre piani dell'opera (fronte, centro e sfondo), ne viene aggiunta una quarta, sita tra la prima e la seconda entità: quella appunto del limite.
L'opera sembra perdere così la sua carica sociale, costretta a delegare la scelta dello spettatore verso il trio di prima manifestazione oppure in direzione della fiumana umana. Dunque, traendone una conclusione di carattere sociale:
il lavoro nobilita l'uomo al pari della coesione, principio imprescindibile alla costruzione di una società civile.
#2_LA MESSA IN SCENA
"il complesso degli elementi esteriori [...] volutamente ricercati e messi in evidenza per simulare una realtà diversa, per rendere credibile una finzione, o anche solo per creare artificialmente una determinata atmosfera."
Enciclopedia Treccani
Maria Lai_LA CAPRETTA_2006
La sintesi della china su carta dell'opera della visionaria sarda ci presenta un'immagine essenziale, immediata: una capra ed una linea terrena. Gli elementi geometrici e squadrati che ne caratterizzano la costruzione la rendono ancor più leggibile. Ma è possibile giocare con l'essenziale?
Nella prima ipotesi, la messa in scena s'incarna nella comparsa di un navigante in cerca della giusta via; la capra, in uno strano gioco concettuale, pur restando in primo piano viene subordinata all'attività dell'uomo, che ne proietta persino una configurazione differente, simile ad un'imbarcazione.
Nella seconda ipotesi, ad apparire è sempre un uomo, questa volta in procinto di guidare il suo mezzo acquatico o stradale. Le orecchie della capra assumono l'impianto di manubrio, esaltando la finzione proposta, in cui la protagonista si traveste senza perdere mai il centro dell'impianto.
Un esperimento riscontrabile sulla natura stessa delle opere dell'artista, le cui note vocali affermano: «Giocavo con grande serietà, a un certo punto i miei giochi li hanno chiamati arte.»